Iperaldosteronismi Primitivi
COSA SONO
Nell’elenco delle malattie rare
riconosciuto dal Sistema Sanitario, la categoria degli iperaldosteronismi
primitivi comprende due gruppi di malattie caratterizzate da livelli ematici elevati
o inappropriati di aldosterone associati a ridotti livelli di potassio (ipopotassiemia)
ed elevati livelli di bicarbonato (alcalosi) nel sangue.
Il primo gruppo comprende gli iperaldosteronismi primitivi (Sindrome di Conn e iperaldosteronismo primitivo da iperplasia surrenale), nei quali le manifestazioni sopra elencate sono causate da una eccessiva produzione di aldosterone da parte di una o entrambe le ghiandole surrenali. Il disturbo più rilevante di queste condizioni è l’ipertensione arteriosa. Il secondo gruppo comprende gli iperaldosteronismi secondari (Sindrome di Bartter e Sindrome di Gitelman) nei quali, a causa di un difetto genetico del riassorbimento del sodio, si verifica una primitiva perdita renale di sodio che stimola le ghiandole surrenali a produrre aldosterone provocando quindi ipopotassiemia ed alcalosi. COME SI RICONOSCONO I soggetti affetti da
iperaldosteronismo primitivo sono in genere adulti che presentano un’ipertensione
arteriosa di difficile controllo farmacologico.
I pazienti affetti da iperaldosteronismo secondario sono generalmente bambini o giovani adulti che lamentano crampi muscolari e stanchezza cronica a causa dell’ipopotassiemia. Contrariamente ai pazienti con iperaldosteronismo primitivo manifestano valori tendenzialmente bassi di pressione arteriosa.
Anche se inclusi nella stessa
categoria di malattie rare, i due gruppi sopra-descritti comprendono malattie
diverse. Ciò che le accomuna sono gli elevati livelli circolanti di aldosterone
che stimolano il rene a trattenere sodio ed eliminare potassio e protoni,
causando ipopotassiemia e alcalosi metabolica.
In entrambi i gruppi la diagnosi di iperaldosteronismo
richiede la misurazione dell’aldosterone e del potassio nel sangue e nelle urine.
La diagnosi viene inoltre completata dalla misurazione dei bicarbonati e della
renina nel sangue. La renina è una proteina a funzione enzimatica prodotta dal
rene, che controlla la produzione di aldosterone da parte delle ghiandole
surrenali. I livelli ematici di renina sono solitamente ridotti
nell’iperaldosteronismo primitivo ed elevati nell’iperaldosteronismo
secondario.
Gli iperaldosteronismi secondari
sono malattie ereditarie e monogeniche. La loro diagnosi è sostanzialmente
clinica e non necessita dell’analisi genetica.
La condizione di iperaldosteronismo
secondario può svilupparsi anche nei pazienti affetti da cirrosi epatica,
scompenso cardiaco, diarree croniche, stenosi dell’arteria renale che però non
sono incluse tra le malattie rare e non sono perciò considerate in questa
presentazione.
CHI SI AMMALA Gli iperaldosteronismi primitivi sono malattie acquisite che si sviluppano tra la seconda e la quarta decade di vita a causa di iperplasia (ingrandimento) di una o entrambe le ghiandole surrenali o di adenomi surrenalici. Gli iperaldosteronismi secondari sono ereditari e sono conseguenti a mutazioni genetiche che riducono la funzione di specifici trasportatori o canali deputati al riassorbimento di sodio, cloro e potassio lungo il tubulo renale. Per tale motivo i pazienti manifestano i sintomi già nell’infanzia o giovinezza e la diagnosi viene posta in giovane età. COME SI CURA Gli iperaldosteronismi primitivi possono essere risolti in modo definitivo quando viene identificato un nodulo (adenoma) delle ghiandole surrenali che ne può sostenere il quadro. In questo caso tramite un intervento chirurgico, generalmente eseguito per via laparoscopica, si può provvedere alla asportazione dell’adenoma con conseguente risoluzione della ipopotassiemia e potenzialmente anche della ipertensione arteriosa. In caso di iperplasia surrenalica l’intervento non può essere risolutivo e viene perciò impostata una terapia farmacologica che corregge la potassiemia e l’ipertensione. In quanto malattie genetiche, gli iperaldosteronismi secondari ereditari non hanno per ora cura definitiva. Per alleviare i sintomi (crampi e stanchezza) i pazienti sono costretti ad assumere tutti i giorni e più volte al giorno farmaci che aumentano il potassio nel sangue. Fondamentali sono perciò i supplementi orali di potassio attraverso l’assunzione di farmaci o integratori alimentari che garantiscono all’organismo un suo elevato apporto. Un elevato intake dietetico di potassio attraverso il consumo di frutta e vegetali non è infatti sufficiente a garantire la normalizzazione del potassio nel sangue e la riduzione dei sintomi.
presso Ospedale San Raffaele |